
MESSICO E TESCHI, DAI SACRIFICI UMANI AL DIAS DE LOS MUERTOS
“La morte è un’usanza che tutti, prima o poi, dobbiamo rispettare” (Jorge Louis Borges).
Il popolo messicano è senza dubbio uno dei più rispettosi di tale tradizione e l’ha sempre accolta con estrema ilarità suggerendo una visione più allegra del trapasso e trovando modalità più festose di vivere ‘la morte’. Non manca occasione passeggiando in qualsiasi cittadina del Messico per incontrare statue, raffigurazioni, manufatti, quadri che rappresentino il teschio; questi teschi che suscitano interesse e curiosità sono rappresentati in sembianze festose, vantano decorazioni dai colori sgargianti, assumono espressioni sorridenti ed estremamente vitali inneggiando alla vita in ogni loro atteggiamento.

La cultura messicana, coerentemente con la maggior parte di quelle mesoamericane, richiama le tradizioni dei Maya e degli Aztechi. I Maya, ad esempio, erano famosi per l’esposizione pubblica di teschi umani dei prigionieri di guerra o delle vittime sacrificali (i ‘tzompantli’.) uccisi in maniera rituale di cui alcuni esempi risalenti al IX sec sono visitabili nei siti di Puuc, Uxmal e Chichén Itzà, nello Yucatan e di cui troviamo generose raffigurazioni e descrizioni dei codici aztechi. I tzompantli erano utilizzati anche per esporre le teste dei perdenti del celebre gioco della palla, altrettanto diffuso nelle tradizioni mesoamericane, che si svolgeva in campi di pietra circondati da pareti oblique sulle quali solo in una fase successiva furono aggiunti anelli sempre in pietra nei cui fori doveva passare la palla. Nel campo presente nel sito di Chichén Itzà, ad esempio, sono presenti anelli che si elevano di sei metri . La palla, rappresentazione del sole, non doveva toccare terra e il gioco finiva quando la palla veniva fatta passare attraverso uno degli anelli in pietra. Il gioco si svolgeva al cospetto dei sovrani e dei sacerdoti ed era solitamente accompagnato da musiche e canti tradizionali. A conclusione del gioco la squadra vincitrice veniva onorata secondo i canonici rituali, quella perdente veniva denigrata ed il suo maggior rappresentante ucciso come sacrificio divino.
In epoche più recenti verso la fine del XIX secolo con i governi di Benito Juárez e Porfirio Díaz, come espressione di malessere e denuncia, i disegni di teschi elegantemente vestiti con atteggiamenti nobiliari fanno le loro apparizioni su giornali di critica sociale come El Socialista. Emblema di questa scia artistica è senza dubbio José Guadalupe Posada, celebre incisore messicano, che trasforma in icona le sue ‘calaveras’ (teschi). I suoi teschi suggerivano una ironica e satirica rappresentazione degli indigeni messicani che, arricchitisi con il governo di Porfiro Díaz e sprezzanti delle loro origini, iniziarono ad emulare lo stile borghese europeo indossando abiti tipici della moda francese e utilizzando trucchi molto pesanti per coprire la pelle scura. Altri suoi teschi, invece, sottolineavano l’amara scelta di quei messicani indigeni meno abbienti che pur di emulare la cultura europea ostentavano ricchezze che non si confacevano né alla loro povertà né alle loro tradizioni. Una delle più note opere di Posada resta senza dubbio ‘Calavera de la Catrina’, ripresa dallo stesso Diego Rivera nel nel 1947 nel suo affresco “Sogno di una domenica pomeriggio nell’Alameda Centrale”.

Questi teschi ormai divenuti rappresentazione della cultura popolare messicana raggiungono l’acme della loro celebrazione il 1° e il 2° di Novembre in occasione della ‘Dias de los muertos’. Strettamente correlate al giorno dei Morti troviamo due figure simboliche: la Santa Muerte e la Calaca. La Sacra Muerte ha le sembianze di una Madonna invece la Calaca è la rappresentazione fedele dello scheletro umano solitamente rappresentante la tipica ballerina messicana; entrambe sono vestite con abiti briosi e colorati per gioire del passaggio nell’aldilà della persona che non c’è più e che in questi due giorni torna a farci visita. Le tradizioni e le usanze oscillano tra sacro e profano. Il popolo messicano in questi giorni festeggia truccandosi e indossando abiti che richiamano questi personaggi oppure gli abiti dei loro defunti, preparando per i defunti o consumando cibo ( tra cui pane dei morti, zucca, zucca candita) anche a forma di teschi e scheletri, pulendo e adornando le tombe dei defunti, offrendo loro fiori (Flor de Muerto che guidano le anime dei morti verso le offerte), lasciando fuori dalle proprie case cuscini e coperte per permettere ai defunti di riposarsi dalle fatiche del viaggio dal mondo dei morti a quello dei vivi, danzando vicino le tombe dei defunti con conchiglie appese agli abiti il cui suono risveglierà i morti. Ai defunti vengono offerti anche dei doni: ai bambini (commemorati il 1° novembre Día de los Inocentes o Día de los Angelitos) vengono portati giocattoli, agli adulti (commemorati il 2 Novembre Día de los Muertos o Día de los Difuntos) vengono portate bottiglie di tequila, di pulque (bevanda alcolica mesoamericana) o vasi di atole (bevanda calda centroamericana).
Una celebrazione, quella della morte, fortemente sentita e vissuta nel mese di Novembre ma anche tutto il resto dell’anno. Non è infatti difficile in un viaggio in Messico poter respirare questa variopinta e suggestiva atmosfera in qualsiasi periodo dell’anno per assaporare fino in fondo l’anima di un paese dai mille colori che ha capito che “il piacere e la morte non sono nient’altro che un processo per esistere” (Frida Khalo).